Giovedì 6 giugno alle ore 18.00 presso Le Scalze alla Salita Pontecorvo 65, per il ciclo “Vieni a prendere un tè alle Scalze. Conversazioni filosofiche per tutti”, avrà luogo l’incontro “Logos ed emoticon. Ragione ed emozioni nell’epoca delle passioni tristi”, a cura del Forum Tarsia e del Coordinamento Le Scalze.
Sorseggiando una tazza di tè discuteremo del ruolo crescente che nel mondo post-moderno le emozioni rivestono sia per l’organizzazione economica della società che per il governo della cosa pubblica: da tempo le più sofisticate tecniche di vendita dei prodotti si rivolgono in primo luogo alla sfera emotiva del possibile consumatore e, con la nascita dei nuovi populismi digitali, tale approccio si è esteso in modo preoccupante alla comunicazione politica che sempre meno privilegia le procedure razionali per rivolgersi a quella che, con una discutibile espressione, è stata definita, la “pancia” degli elettori. Oggi il successo di un post nel generare commenti è legato alla capacità di suscitare emozioni di eccitazione, come felicità o rabbia, o di impotenza, come paura e tristezza. Paradossalmente questa maggiore importanza del mondo delle emozioni nasconde nella sua ombra un loro sostanziale impoverimento: le emozioni, semplificate e standardizzate, considerate soprattutto nella loro “passività” e mai nella loro potenza trasformativa, sono ridotte ad emoticon, faccine sempre pronte ad accompagnare i nostri messaggi sui social media, che di fatto finiscono con l’occultare la profondità, la complessità e la ricchezza del nostro mondo interiore, ultima paradossale manifestazione di quella “peste emozionale” di cui aveva parlato Wilhelm Reich nel secolo scorso.
Questa apparente rivincita del mondo emozionale va in decisa controtendenza sia con la tradizione del pensiero filosofico antico e moderno che, a partire da Platone, Cartesio e Spinoza, con le dovute eccezioni, non ha mai messo in discussione la superiorità morale e conoscitiva della ragione sull’emozione, sia con lo stesso progetto moderno che ha puntato sull’organizzazione di nazioni costruite su un apparato burocratico e tecnocratico capace di eliminare dai processi decisionali tutte le variabili originate dal caso e, appunto, dalle emozioni.
E’ possibile oggi, nell’epoca definita da qualcuno delle “passioni tristi” – in cui a prevalere sono l’odio, la tristezza, la rabbia, il risentimento -, liberare l’emozione dalla passività a cui le tecniche persuasive del potere, politico, economico e tecnologico, l’hanno ridotta? E’ possibile ancora, al di là del dominio incontrastato che la ragione ha ricoperto nei processi conoscitivi, superare finalmente la scissione tra emozione e ragione per dar vita a quella che da alcuni psicologi e filosofi è stata definita “intelligenza emotiva”, in grado di riconsegnare finalmente ogni singolarità alla propria autonomia e libertà?