Sabato 14 aprile alle ore 17.30 al primo piano de “Le Scalze. Laboratori di cittadinanza attiva”, alla Salita Pontecorvo 65, si terrà il secondo incontro di “Vieni a prendere un tè alle Scalze? Conversazioni filosofiche per tutti”, che avrà come tema “Popolo e populismi”.
La discussione avrà luogo negli stessi giorni in cui i principali mezzi di comunicazione di massa preannunciano, talvolta con allarme, la possibile costituzione di un governo formato dalle due principali forze “populiste” del nostro Paese, quali la Lega e il Movimento 5 Stelle, paventando addirittura il passaggio ad una nuova forma di regime: la popolocrazia. Nel corso dell’incontro, cercheremo perciò di interrogarci sul significato storico, filosofico, sociologico e politico del termine “populismo”, non dimenticando il rapporto diretto che lo lega alla parola da cui esso deriva: quel “popolo” che costituisce l’architrave principale della tradizione politica nata con la Rivoluzione francese e che è ancora oggi il fondamento indiscusso della nostra democrazia.
Su entrambi i termini si è scritto tantissimo, ma nel corso del tempo le interpretazioni date a ciascuno concetto sono state le più diverse e, ad aumentare la confusione, concorrono sia la loro ambiguità semantica nonché l’odierna invalsa abitudine ad utilizzarli, per pigrizia intellettuale, in modo estensivo ed improprio. Che cos’è dunque un popolo? Quella parte della popolazione esclusa dalla politica che vive una situazione di disagio economico e sociale? O piuttosto la comunità di tutti i cittadini che si riconoscono in una comune identità nazionale? E il populismo nasce da una crisi della democrazia e, in particolar modo, da una crisi della rappresentanza politica? O invece è caratterizzato proprio dalla volontà di dare rappresentanza a quella disaffezione per la politica che è fenomeno costitutivo della tarda modernità? E ancora: esiste un rapporto tra la forma odierna del populismo, caratterizzato dal rifiuto di ogni tipo di mediazione, e la realtà “digitale” dei nuovi social media? E per finire: è possibile o auspicabile un populismo “di sinistra”, che recuperi il programma emancipatorio della parte più debole della società?